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Bocciature a scuola: quando il TAR annulla e quando no - Studio Legale MP - Verona

Rigore e comprensione nelle aule scolastiche secondo i giudici amministrativi

Bocciatura scolastica e diritto allo studio: il ruolo del giudice amministrativo
Chi apre la porta di una scuola, chiude una prigione. Questa famosa frase di Victor Hugo sottolinea l’importanza cruciale dell’istruzione nella nostra società. Proprio perché la scuola è il fondamento della crescita personale e civile, le decisioni su promozioni e bocciature assumono un rilievo fondamentale e vanno ponderate con equilibrio. Non scholae sed vitae discimus: non impariamo per la scuola ma per la vita, ammonisce un antico detto latino. Il diritto allo studio va quindi tutelato con attenzione, ma senza dimenticare che la scuola ha il compito di garantire una preparazione adeguata e standard condivisi. Le più recenti pronunce in materia di bocciature scolastiche mostrano come i giudici amministrativi cerchino di bilanciare rigore e comprensione, intervenendo solo quando emergono palesi ingiustizie o violazioni delle norme procedurali. Di seguito vediamo alcuni casi emblematici decisi tra il 2024 e il 2025, che delineano i confini dell’intervento del TAR (Tribunale Amministrativo Regionale) nelle vicende scolastiche.

Bocciatura annullata per circostanze eccezionali: il caso del lutto familiare
In circostanze davvero eccezionali, il giudice può annullare la bocciatura ritenendo che la scuola non abbia adeguatamente considerato situazioni di grave difficoltà dello studente. Emblematico è il caso di uno studente sedicenne di Treviso, non ammesso all’anno successivo nonostante avesse quasi recuperato tutti i debiti formativi assegnati. Il ragazzo aveva perso il padre durante l’anno scolastico, evento che ne aveva condizionato pesantemente frequenza e rendimento. Di fronte al ricorso presentato dalla famiglia, il TAR Veneto ha riconosciuto che la scuola aveva omesso di valutare appieno le circostanze eccezionali in cui lo studente si era trovato. Con la sentenza n. 1959/2025 del 31 ottobre 2025 (TAR Veneto), i giudici amministrativi hanno annullato la bocciatura per eccesso di potere, ritenendo che i “brutti voti” e le assenze fossero giustificati dal lutto subito. In questo caso il TAR ha evidenziato due punti chiave: anzitutto lo studente, pur colpito dall’evento traumatico, aveva mostrato un notevole impegno, migliorando sensibilmente i propri voti in breve tempo; inoltre, le prove di recupero dell’ultima materia (chimica analitica) si erano svolte in condizioni anomale – a laboratori scolastici chiusi per la pausa estiva – rendendo di fatto impossibile prepararsi adeguatamente. La decisione del TAR Veneto ha dunque ordinato alla scuola di far ripetere l’esame mancante in un contesto idoneo (laboratori aperti e con un congruo periodo di studio di almeno un mese) e tenere conto della situazione straordinaria. Questo provvedimento dimostra che, quando eventi di forza maggiore (come un grave lutto) influiscono sul rendimento e la scuola non adotta la necessaria flessibilità, la giustizia amministrativa può intervenire per tutelare il diritto allo studio dello studente meritevole.

Standard minimi e discrezionalità tecnica: quando la bocciatura è legittima
Di converso, non ogni difficoltà personale dello studente può giustificare un annullamento della bocciatura. Il TAR Lombardia ha recentemente confermato che la presenza di bisogni educativi speciali o altri problemi non esonera dall’obbligo di raggiungere gli obiettivi didattici minimi. In una pronuncia netta (TAR Lombardia, Sez. V Milano, sent. n. 2786/2025 del 29 luglio 2025), i giudici hanno respinto il ricorso dei genitori di uno studente non ammesso alla classe successiva nonostante avesse un Piano Didattico Personalizzato (PDP) per bisogni educativi speciali. La famiglia lamentava carenze nella gestione del PDP e sosteneva che il ragazzo dovesse comunque essere promosso. Tuttavia, il tribunale ha evidenziato che: (1) lo studente presentava insufficienze gravi in numerose materie, con voti ben al di sotto della sufficienza; (2) la scuola aveva predisposto ed attuato il PDP in modo corretto e tempestivo, offrendo anche attività di recupero; (3) la normativa e la giurisprudenza richiedono comunque il raggiungimento di una preparazione minima (generalmente il 6 in ogni materia) per il passaggio alla classe successiva. In assenza di errori manifesti o di valutazioni irragionevoli da parte dei docenti, il giudice non può sostituirsi alla scuola nel merito del giudizio. Il TAR ha richiamato il principio per cui la valutazione sull’idoneità dello studente appartiene alla discrezionalità tecnica degli insegnanti: può essere censurata solo in caso di evidente irrazionalità, motivazione mancante o errore di fatto (come già affermato, ad esempio, dal TAR Lazio in altre decisioni sul tema). Nel caso concreto, non c’erano elementi per dubitare del giudizio dei professori: pur comprendendo le difficoltà personali e di salute dell’alunno, la sentenza ha ritenuto che promuoverlo senza il livello minimo di competenze avrebbe tradito sia la normativa scolastica sia l’interesse formativo del ragazzo stesso. In sintesi, la presenza di un BES o di un PDP non garantisce l’automatica promozione: se lo studente non raggiunge risultati sufficienti e la scuola ha fatto quanto dovuto per sostenerlo, la bocciatura resta legittima. Questa linea giurisprudenziale tutela la serietà dell’istituzione scolastica, evitando “sanatorie” didattiche non meritocratiche, pur raccomandando alle scuole di documentare bene l’adozione delle misure di supporto previste.

Disciplina e regole d’esame: tolleranza zero sul cellulare durante la Maturità
Un ambito in cui i giudici amministrativi hanno mostrato estrema fermezza è quello del rispetto delle regole durante gli esami di Stato. In particolare, l’uso non consentito di telefoni cellulari durante le prove di Maturità comporta l’esclusione immediata dal concorso, e tale provvedimento è stato ritenuto legittimo anche in presenza di giustificazioni personali. Un caso mediaticamente noto ha coinvolto una studentessa sorpresa con uno smartphone nascosto durante la prima prova scritta dell’Esame di Stato (aveva consegnato un telefono ai commissari, ma ne aveva occultato un secondo). La candidata, che aveva una media dell’otto, ha impugnato l’esclusione sostenendo di aver agito così per via di un grave stato d’ansia e bisogno di contatto con la madre. In un primo momento il TAR Umbria, con decreto cautelare d’urgenza, le aveva permesso di svolgere gli esami nella sessione suppletiva di luglio, in attesa del giudizio di merito. La studentessa aveva effettivamente completato la Maturità, ottenendo anche un buon punteggio finale. Tuttavia, entrando nel merito, prima il TAR e poi il Consiglio di Stato hanno confermato la legittimità dell’esclusione. In appello, Palazzo Spada ha sancito in modo definitivo che la misura espulsiva era proporzionata alla gravità del fatto (Cons. Stato, Sez. VII, sent. n. 7341/2025 del 16 settembre 2025). Nella decisione si sottolinea che la normativa vigente (art. 95 R.D. 653/1925, D.Lgs. 62/2017 e note ministeriali recenti) attribuisce espressamente alla Commissione d’esame il potere di escludere i candidati sorpresi con dispositivi non autorizzati. In questo caso, l’alunna aveva volontariamente aggirato i controlli (nascondendo un secondo telefono) e non aveva preavvisato la scuola del suo stato d’ansia; anzi, il fatto di aver consegnato il primo cellulare trattenendone un altro dimostrava un intento deliberato di ingannare la Commissione. I giudici amministrativi hanno quindi ritenuto corretto l’operato della scuola: la sanzione disciplinare – l’annullamento dell’esame e la perdita dell’anno scolastico – è dura ma giustificata dalla necessità di salvaguardare la serietà e l’equità dell’esame di Stato. Questa vicenda invia un messaggio chiaro: tolleranza zero verso chi copia o utilizza mezzi illeciti durante gli esami, a tutela di tutti gli studenti onesti. Anche eventuali motivazioni personali (stress, ansia) non possono essere invocate dopo il fatto se non sono state comunicate prima e documentate, e comunque non possono scusare una violazione intenzionale delle regole.

Conclusioni: equilibrio tra tutela del singolo e interesse pubblico
Dall’analisi di queste sentenze emerge un quadro equilibrato. I tribunali intervengono in favore dello studente quando la scuola viola le proprie stesse regole procedurali o adotta provvedimenti manifestamente ingiusti – ad esempio ignorando situazioni eccezionali che hanno inciso sul rendimento, oppure negando strumenti di supporto dovuti. In assenza di tali circostanze, però, il giudice amministrativo conferma le decisioni scolastiche, riconoscendo la discrezionalità tecnica di docenti e consigli di classe nel valutare la preparazione degli allievi. Si ribadisce così un principio fondamentale: il diritto allo studio non significa promozione garantita, ma diritto a una valutazione corretta e imparziale. Lo studente ha il dovere di impegnarsi per raggiungere gli obiettivi minimi, e la scuola ha il dovere di metterlo nelle condizioni di farcela (fornendo gli strumenti didattici adeguati, dai corsi di recupero alle misure compensative per BES e DSA). Quando entrambi fanno la propria parte, difficilmente una bocciatura potrà dirsi illegittima. Viceversa, se la scuola viene meno ai suoi obblighi di diligenza o compie un evidente abuso (come valutazioni irragionevoli, disparità di trattamento, carenza di motivazione), allora il giudice è pronto a ristabilire la giustizia annullando l’atto. In definitiva, le ultime pronunce in materia di bocciature scolastiche insegnano che la linea di confine tra comprensione e rigore deve essere tracciata caso per caso, tenendo presenti sia le esigenze educative individuali sia l’interesse pubblico a una scuola seria e credibile.

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  • 25 novembre 2025
  • Redazione

Autore: Redazione - Staff Studio Legale MP


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